31 gennaio 2006

Blog a tempo di musica...

Grazie al linguaggio html e al supporto di Nando potrete visitare il mio blog e in contemporanea ascoltare l'mp3 in sottofondo...Buona visione e buon ascolto!

26 gennaio 2006

Dio ci salvi dalle maggioranze popolari

La storia, quella vera, non si cura delle masse e dei loro clamori, ma si occupa solo dei grandi uomini che, nel corso della loro vita, ne hanno segnato il corso.
Oggi ci ricordiamo di Napoleone Bonaparte, e non certo dei milioni di soldati morti nelle sue battaglie. Ci riferiamo a Mussolini ed a Hitler quando pensiamo all'asse Roma-Berlino che condusse alla seconda guerra mondiale, e non ai 50 milioni di morti che quella guerra generò.
Le masse diventano numeri, statistiche, cadaveri sui campi di battaglie e, quasi, nient'altro. Cartesio, il grande matematico e filosofo francese del diciassettesimo secolo, usava dire: "è molto più probabile che la verità sia scoperta dai pochi, piuttosto che dai molti". Le grandi scoperte, difatti, sono sempre state opera di singoli scienziati, e mai di masse organizzate e volenterose che si erano impegnate a scoprire l'ignoto.
Anzi, tutta la storia dell'umanità è li a dimostrare che, quando una maggioranza di persone si muove in una certa direzione, è straordinariamente probabile che quella sia la direzione sbagliata.
Con questa premessa, la domanda da porsi è: come si può consentire il voto "democratico" della maggioranza degli elettori se, con grande probabilità, quel voto eleggerà le persone sbagliate?
E più si estende il diritto al voto (voglio dire: più gente vi partecipa) e maggiormente nefasta sarà la conseguente scelta dei candidati. In altre parole: più gente vota e più incompetenti (e ladri) andranno al governo. Ancora una volta, non è un'opinione, è matematica. Se, dunque, si volessero eleggere le persone migliori (o le meno peggio) bisognerebbe limitare il diritto al voto a una parte (selezionata) di cittadini; e più si selezionano gli elettori e migliori saranno gli eletti.
Se si fanno votare solo gli scimuniti, è molto probabile che saranno eletti degli scimuniti. Se si fanno votare solo i geometri, si eleggeranno (molto probabilmente) dei geometri; e saranno, invece, eletti degli ingegneri se a votare saranno solo gli ingegneri. In pratica: gli elettori scelgono quelli che più gli rassomigliano.Se si fanno votare tutti i cittadini, la media degli eletti, sarà necessariamente uguale alla media degli elettori (e media, inutile dirlo, è sinonimo di "mediocre"). Se si fanno votare, invece, solo persone oneste, capaci ed intelligenti, questi eleggeranno (quasi certamente) candidati onesti, capaci ed intelligenti. Secondo voi, non sarebbero meglio quelli eletti da quei pochi onesti capaci ed intelligenti, anziché questi corrotti, incapaci e mediocri che abbiamo adesso, eletti a maggioranza popolare? Se abbandonate per un solo istante l'ipocrita concezione del diritto al voto per tutti (anche per quelli manifestamente incapaci, ladri o, più semplicemente, stupidi), vi accorgerete, credo, che far votare solo i migliori, condurrebbe inevitabilmente ad una società migliore.Platone, 2500 anni, fa ne era assolutamente certo.
E Platone non era certo uno scimunito.

Fonte:
www.borsari.it

23 gennaio 2006

Crisi alla regione (Molise), dopo il rinvio si scatena il caos

Dal tg di Telemolise, emittente regionale, del 19 gennaio 2006, ho estrapolato questo servizio molto interessante. Dopo l'aggiornamento del consiglio regionale, con conseguente rinvio della seduta da parte del presidente del consiglio Angela Fusco Perrella, i capi delle opposizioni hanno accusato lo stesso presidente per il mancato rispetto del regolamento, ma con comportamenti tutt'altro che moderati...
Ecco il video...buona visione!


Fonte: Telemolise

21 gennaio 2006

La storia di Kevin Mitnick

Kevin Mitnick, conosciuto in rete come il Condor, è l'hacker più noto al mondo. Ha violato i sistemi informatici, telematici, telefonici e qualsiasi cosa fosse fatta di bit.
Ci sono voluti più di tre anni per consegnarlo alla giustizia. Tre anni in cui si è fatto beffe di tutti: poliziotti, giornalisti, esperti di computer, manager, ufficiali statali, amministratori di sistema. Quando l'FBI riuscì a trovare, in un piccolo appartamento di Raleigh nella Carolina del Nord, il suo ultimo rifugio, il Condor era ancora intento a digitare comandi sul proprio portatile. Gli agenti bussarono gentilmente e aspettarono qualche minuto prima di entrare. Il Condor staccò il cellulare clonato dal portatile, tentò di cancellare le ultime tracce dei suoi ultimi passaggi e poi si consegnò alla polizia.
Così si è conclusa, il 15 febbraio 1995, la carriera del più noto hacker del mondo, Kevin David Mitnick, californiano, classe 1963, esperto di sicurezza, Hacker per professione e per passione. Lo stesso giorno è inziata la più grande mobilitazione in rete per la salvaguardia del diritto all'informazione e all'accessibilità delle risorse: centinaia di siti hackerati, una marcia su New York, campagne telematiche, volantini, adesivi, magliette. Nel 1997 la pagina principale di Yahoo! fu sostituita da un'altra
in cui si minacciava la diffusione planetaria di un virus se Mitnick non fosse stato subito rilasciato. L'anno successivo furono violati, tra i tanti, i siti dell'Unicef del New York Times.
Tutto ciò è facilmente comprensibile. Kevin Mitnick, al momento del suo arresto, era già conosciutissimo su Internet. Aveva iniziato ad hackerare nel 1980, quand'era ancora minorenne, dopo essersi fatto le ossa sulle ricetrasmittenti e dopo aver smontato e rimontato i computer della propria scuola. La prima condanna la ebbe quand'era appena diciassettenne: con un gruppo di amici entrò fisicamente nei laboratori californiani del Bell's Computer System for Mainframe Operations (COSMOS), un sistema in cui venivano conservate le principali documentazioni sulle chiamate di molte compagnie telefoniche statunitensi, e rubò le password dei dipendenti e degli uffici. Non se ne andò prima di aver trafugato anche qualche grosso manuale di documentazione dell'intero sistema. Quando fu arrestato, a causa della denuncia di una ragazza del gruppo piantata da un compagno, il giudice lo condannò a tre mesi di detenzione aggiungendo un anno con sospensione della pena.
Esce presto di prigione e inizia a specializzarsi sui sistemi di comunicazione, sui telefoni cellulari, sugli apparati che gestiscono le sempre più influenti società di telecomunicazioni. Nel 1983 è nuovamente arrestato e condannato a sei mesi di reclusione per aver violato i sistemi di sicurezza della rete ARPANet che proprio in quel periodo stava dismettendo i compiti militari per dar vita al primo nucleo della futura Internet. Altri tre anni con la condizionale gli vengono comminati nel 1987 per aver utilizzato illegalmente delle carte di credito telefoniche e per essersi introdotto nei sistemi della Santa Cruz Operation (SCO), una produttrice di software per le compagnie di telecomunicazioni. Ad andarci di mezzo questa volta è anche la ragazza, sua futura moglie.
Alla fine degli anni '80 Mitnick si introduce nei computer della potentissima Digital Equipment Corporation (DEC, la creatrice di Altavista ora di proprietà della Compaq) assieme al suo amico fraterno Leonard DiCicco. Riesce a rubare molte parti di codice del sistema operativo VMS che allora era il preferito campo di battaglia, dopo Unix, per molti hacker. I rapporti tra i due amici si guastano, DiCicco denuncia entrambi alla Digital e poi all'FBI: in un incontro organizzato dall'amico vengono anche i federali che lo riportano per l'ennesima volta nel carcere californiano. Il giudice Mariana R. Pfaelzer lo condanna a un anno di reclusione più altri tre con la condizionale. DiCicco, a sua volta denunciato dallo stesso Mitnick, ne sconterà cinque tutti fuori dal carcere. Durante il processo il giudice Pfaelzer non riesce a capire cosa spinga questi ragazzi a violare i sistemi. Per lei rimangono dei malati, tanto che in più occasioni l'hacking viene paragonato ad una droga e, tra le tante terapie consigliate a Mitnick per rimediare alle sue colpe, viene suggerito più volte un ricovero in un centro di riabilitazione. Harriet Rossetto, un consulente del giudice, dice testualmente: «Il suo (di Mitnick) comportamento nasce da un impulso malato. La sua malattia è la dipendenza, sia essa da droghe, alcool, scommesse, hacking, soldi o potere».
Siamo negli anni '90 e il mito del Condor sta invadendo la rete. Kevin Mitnick ha sperimentato tutte le tecniche di hackeraggio, sfrutta tutti gli errori dei sistemi che conosce a perfezione, modifica le chiamate con cui compie gli atti, inizia la guerra alle grandi compagnie: MCI, Motorola, Digital, Sun, Apple, Netcom, computer navali, computer del dipartimento dei motoveicoli californiano. Quando il sistema è davvero a prova di qualunque attacco Mitnick ripiega sul "social engineering". Telefona ai responsabili del sistema, fingendosi un altro, li convince a farsi mandare i documenti riservati, le password e tutto quello che possono dargli. Loro gli danno tutto ciò che chiede. Le e-zine indipendenti seguono da vicino le vicende che lo riguardano ed anche i media incominciano ad occuparsi di lui. Un giornalista del New York Times si interessa della sua vicenda e nel 1991 scrive un libro intitolato "Cyberpunk"
che, a detta di Mitnick, è per una buona metà del tutto inventato.
Il Condor esce di prigione verso la fine del 1990. Per un po' di tempo resta fuori dalla scena, deve scontare altri tre anni di libertà condizionata. Si trasferisce con il padre fuori da Los Angeles e lì lavora nella società di costruzioni familiare. Nel Novembre 1992 la pena del giudice Pfaelzer sta per estinguersi e Kevin inizia a lavorare presso una società di investigazioni chiamata Tel Tec Detective Agency. L'FBI non gli dà tregua e scopre che l'agenzia di investigazioni sfruttava le capacità informatiche di Kevin per i propri fini. Quando i poliziotti si presentano a casa con il mandato di cattura per la violazione dei termini della condizionale non trovano nessuno. Il Condor è fuggito. Poco tempo prima aveva sospettato che il suo telefono fosse sotto controllo e con una telefonata alla Pacard Bell era riuscito ad avere tutti i dati sulle sue intercettazioni telefoniche. Era abituato a scorrazzare in lungo e largo sulle autostrade virtuali, non ne voleva sapere della prigione e delle ramanzine di qualche assistente sociale. Sceglie la latitanza.
Per due anni e tre mesi Kevin Mitnick diventa un fantasma. L'FBI lo inserisce nella lista dei criminali più ricercati d'America e la polizia di Los Angeles fa di tutto per incastrarlo: «mentre loro mi cercavano io cercavo loro» dirà il Condor qualche anno più tardi. Nel frattempo cresce la fama. Ogni crimine informatico perpretato sul territorio degli Stati Uniti viene attribuito a Kevin D. Mitnick: l'intrusione nei computer della National Security Agency (NSA), la diffusione di false notizie finanziarie sulle agenzie di stampa, le violazioni di decine di siti universitari. Il 4 Luglio 1994 esce il primo
di una serie di articoli sul New York Times a firma John Markoff. Il giornalista, autore nel 1991 del già citato libro Cyberpunk, lo chiama "L'hacker più ricercato d'America" descrivendolo come un solitario con pesanti manie di potenza.
Arriviamo all'ultimo atto di questa storia. È il 25 dicembre 1994, Natale. Verso le due del pomeriggio Kevin Mitnick entra in un computer del sito toad.com
e da lì inizia a verificare se un altro computer al San Diego Supercomputer Center appartenente al trentenne giapponese Tsutomu Shimomura sia o no vulnerabile a qualche attacco. Il secondo computer è una Workstation Unix che Kevin conosce come le sue tasche. In sei minuti individua la vulnerabilità del sistema e in un altro minuto riesce a guadagnare i permessi di amministratore. La macchina di Shimomura è sotto il controllo di Kevin. Registra qualche password, ruba qualche file di programma su cui Shimomura stava lavorando e poi chiude la connessione. Quando il proprietario torna al suo posto di lavoro trova il sistema violato, cancella la settimana bianca in Colorado, corregge gli errori e scatena la caccia all'uomo.
Tra il 25 dicembre e il 14 febbraio FBI succede di tutto. Shimomura, chiamato da Kevin «Jap boy», è un super esperto di sistemi informatici, lavora da anni al San Diego Supercomputer Center, è da tempo consulente informatico dell'FBI e della NSA e non ha gradito affatto lo scherzo di Kevin. Nel gennaio 1995 tiene una conferenza sulle tecnica che ha usato Kevin per penetrare nel suo sitema (dette IP-Spoofing
), pochi giorni dopo il CERT, il centro sulla sicurezza telematica, pubblica un advisory in cui rende pubblica l'esistenza del grave problema. In tutto il mondo gli amministratori di sistema cominciano a temere attacchi simili e la storia si guadagna una copertina del settimanale Newsweek. Il Condor forse è andato oltre ogni limite.
Siamo a febbraio, Shimomura con la collaborazione dell'FBI e di altri amici esperti di computer segue le tracce del suo avversario che continua indisturbato a fare il bello e il cattivo tempo sulla rete: per mezzo di un account anonimo alla Netcom entra nelle Università e deposita su un falso account della comunità virtuale The Well i file rubati dal computer di Shimomura. John Markoff segue tutto dalle colonne del New York Times ed esulta quando, utilizzando le stesse tecniche di Mitnick, Shimomura riesce ad individuare nell'appartamento 202 del complesso Players Court di Raleigh la fonte delle telefonate alla Netcom. "Il cybercriminale più ricercato d'America è stato catturato nella sua stessa rete". La caccia è finita, Mitnick va in prigione, Markoff e Shimomura scrivono il loro best seller Takedown
e salgono agli onori delle cronache..
Il resto è storia recente. Il Condor passerà 36 mesi in galera, di cui 8 in isolamento, senza processo. A Marzo del 1999 la sentenza definitiva lo condanna a 46 mesi di carcere e ad un piccolo risarcimento per le società violate. Durante la detenzione, una guardia carceraria pignola gli sequestra il Walkman perché, pensa, potrebbe essere usato come cimice per la stanza del direttore. Il 21 gennaio 2000, scontate anche alcune pene precedenti, viene rilasciato con il divieto di toccare un computer e qualsiasi telefono cellulare per tre anni. Kevin Mitnick, è bene ricordarlo, non ha guadagnato un solo centesimo dalle sue azioni.

18 gennaio 2006

Sgominata la nuova «Mala del Brenta»

Sgominata la nuova «Mala del Brenta». La polizia ha arrestato 33 persone nell'ambito dell'operazione di polizia «Ghost Dog» che mira a smantellare il gruppo criminale erede dell'organizzazione guidata da Felice Maniero e che secondo gli inquirenti stava preparando due operazioni clamorose: un assalto a colpi di bazooka alla questura di Padova e l'omicidio dello stesso Maniero che è diventato un collaboratore di giustizia. Gli investigatori del Servizio centrale operativo (Sco) e delle Squadre mobili di Padova e Venezia, insieme a team dei Reparti di Prevenzione Crimine, con il coordinamento della Direzione Centrale Anticrimine (Dac), hanno catturato decine di criminali ritenuti responsabili di reati che vanno dall'associazione per delinquere, all'omicidio, alla rapina, al riciclaggio, alla ricettazione, al furto, al traffico, alla detenzione e porto illegale di armi, esplosivo e munizioni. Sono in corso anche perquisizioni a campi nomadi. All'operazione di oggi si è arrivati attraverso una complessa attivitá di indagine, avviata nel 2003 e svolta da una speciale task force di investigatori dello Sco e delle Squadre Mobili di Padova e Venezia, che è arrivata a identificare uno per uno gli appartenenti a questa nuova agguerrita organizzazione criminale, specializzata in assalti a furgoni portavalori e rapine a banche, uffici postali, gioiellerie. Blitz messi a segno con grande ferocia e con ricorso ad armi da guerra tra il 1991 e il 2004 in gran parte del Nord Italia, dal Veneto alla Lombardia, al Trentino Alto Adige, al Friuli Venezia Giulia all'Emilia Romagna. In dieci anni l'organizzazione criminale sgominata oggi dalla polizia aveva accumulato una ventina di milioni di euro. Gli investigatori, che nel corso delle indagini hanno utilizzato sofisticatissimi strumenti tecnico-scientifici e utilizzato tecniche innovative per i pedinamenti, hanno accertato che il denaro, oltre che per acquistare beni di lusso e pagare gli avvocati per i componenti della banda arrestati, serviva proprio per finanziare la ricostituzione della mala del Brenta. Cospicuo anche l'arsenale recuperato dagli inquirenti. Nel corso delle perquisizioni sono stati sequestrati tra l'altro 4 lanciarazzi, 7 razzi, 6 kg di esplosivo, 16 bombe a mano, 16 fucili mitragliatori, 26 pistole, circa duemila munizioni e numerosi giubbotti anti proiettile. La maggior parte delle armi proviene dall'Europa dell'Est.

14 gennaio 2006

Chat nel blog...

Ho inserito una chat nel blog...basta cliccare su "Entra nella chat di Roberto Marino" (nella parte destra, prima di "Curriculum vitae") e potrete iniziare a chattare...mi raccomando vi aspetto in numerosi...
Vi ricordo che per aprire il programma avrete bisogno di java web start, che potete scaricare da questo indirizzo http://java.sun.com/.

13 gennaio 2006

Aggiornamenti blog...

Salve gente, vi sarete accorti, ultimamente, che sto aggiornando poco il blog...è per motivi di studio...mi scuso con tutti, ma sarà così per il mese corrente, ma anche per febbraio. Mi dispiace, ma sono molto impegnato con gli esami universitari ed ho davvero poco tempo da dedicare al blog, anche se farò di tutto per aggiornarlo in maniera continua. Vi saluto con un famoso detto del grande Aristotele:
« Lo scopo del lavoro è quello di guadagnarsi il tempo libero »

11 gennaio 2006

Vive con un ragno nell'orecchio per un mese

Vivere per un mese con un ragno ospite di un orecchio. È successo a una donna svedese, secondo quanto riporta il quotidiano popolare «Expressen». L'aracnide, di colore nero, «grosso come l'unghia di un pollice» aveva approfittato del sonno della sua ospite per trovarvi riparo. La durata del periodo in cui la bestiola ha convissuto con la signora scandinava è stata ricostruita in base ai ricordi della donna. Che una sera di novembre, circa un mese prima della scoperta dell'intruso, aveva visto e cacciato il ragno dal suo letto.
Poco dopo quella sera la svedese aveva accusato un abbassamento dell'udito - scrive il quotidiano - e aveva ritenuto che la causa potesse essere un tappo di cerume. Non era però intervenuta. Poi, una sera, ha sentito «come il rumore di un raspare» nell'orecchio in questione. È andata in farmacia e ha acquistato un prodotto liquido per la pulizia del canale uditivo. È stato durante il primo trattamento che il ragno, bagnato ma vivo, è saltato fuori dal suo nascondiglio e si è messo in fuga. Chissà che non tenti di ritornare nell'alloggio che l'ha salvato dai rigori del clima nordico.

Fonte: Corriere della Sera


09 gennaio 2006

Rapimenti (costosi?) a lieto fine

La storia si svolge sempre nello stesso modo:
- alcuni turisti italiani, di solito fuori stagione per risparmiare, partono per le vacanze

- scelgono un Paese a scelta tra Iraq, Sudan, Yemen, Iran, Giordania o Siria

- vengono rapiti

- i giornali ne parlano per giorni in prima pagina

- i rapitori dettano le condizioni

- la Farnesina rassicura gli italiani

- la Farnesina giura che non pagherà alcun riscatto

- gli ostaggi vengono liberati
- i parroci suonano le campane
- gli ex ostaggi vengono intervistati dai giornali in prima pagina

- gli ex ostaggi vengono fotografati con un ministro, sempre sorridente, del Paese di turno

- gli ex ostaggi ritornano in Patria a bordo di un aereo dell’aeronautica militare

- gli ex ostaggi vengono intervistati al loro rientro dai giornali (prima pagina) e dalle televisioni

- il governo italiano esprime soddisfazione

- la Farnesina giura di non aver pagato alcun riscatto.

La parola del nostro Ministro degli Esteri non può essere messa in discussione. Però, per toglierci anche il più piccolo dubbio, suggerisco una nuova regola: chi va in vacanza in Paesi a rischio si assicura contro il rapimento prima di partire.Il riscatto lo paga la sua assicurazione. Se poi non volesse assicurarsi e partire lo stesso dovrà cedere il quinto dello stipendio allo Stato che potrà pagare alla luce del sole il riscatto, e rivalersi in seguito con tutto comodo.

06 gennaio 2006

La Befana


Oggi, come tutti sapete, è la festa dell'Epifania, che noi comunemente chiamiamo festa della Befana.
La Befana, (termine che è corruzione di Epifania, cioè manifestazione) è nell’immaginario collettivo un mitico personaggio con l’aspetto da vecchia che porta doni ai bambini buoni la notte tra il 5 e il 6 gennaio. La sua origine si perde nella notte dei tempi, discende da tradizioni magiche precristiane e, nella cultura popolare, si fonde con elementi folcloristici e cristiani: la Befana porta i doni in ricordo di quelli offerti a Gesù Bambino dai Magi. L’iconografia è fissa: un gonnellone scuro ed ampio, un grembiule con le tasche, uno scialle, un fazzoletto o un cappellaccio in testa, un paio di ciabatte consunte, il tutto vivacizzato da numerose toppe colorate.Si rifà al suo aspetto la filastrocca (la Befanata) che viene recitata in suo onore:

La Befana vien di notte
con le scarpe tutte rotte
col cappello alla romana...
VIVA VIVA LA BEFANA!
Nella notte tra il 5 e il 6 gennaio, a cavalcioni di una scopa, sotto il peso di un sacco stracolmo di giocattoli, cioccolatini e caramelle (sul cui fondo non manca mai anche una buona dose di cenere e carbone), passa sopra i tetti e calandosi dai camini riempie le calze lasciate appese dai bambini. Questi, da parte loro, preparano per la buona vecchia, in un piatto, un mandarino o un’arancia e un bicchiere di vino. Il mattino successivo insieme ai regali troveranno il pasto consumato e l’impronta della mano della Befana sulla cenere sparsa nel piatto.

Fonte: http://www.la-befana.it

04 gennaio 2006

Romanzo Criminale...

Ieri sera ho visto il film "Romanzo Criminale" e mi ha davvero colpito...“Erano amici veri. Erano la banda più spietata degli anni 70”. Così recita il sottotitolo del film di Michele Placido. Sottotitolo eloquente da vari punti di vista, poiché qui si condensa l’insieme degli elementi che contraddistingue la banda romana della Magliana. Il Libanese (Pierfrancesco Favino), il Freddo (Kim Rossi Stuart) e il Dandi (Claudio Santamaria) sono difatti amici veri, che dalla seconda metà degli anni Settanta alla prima degli anni Ottanta terrorizzano Roma e l’Italia intera con i loro atti efferati, tra cui, ricordiamo in ordine cronologico, il sequestro e l’uccisione del Barone Rosellini.
E’ a partire da una amichevole coalizione tra novelli, fanfaroni, esponenti della malavita nostrana che la rete di alleanze cresce e si sviluppa progressivamente, acquistando forza e potere. La svolta è segnata dall’ingresso della banda nel circuito del traffico di eroina: occasione che pone le basi per un ulteriore estensione nei campi della prostituzione e del gioco d’azzardo, nonché per la protezione da parte della Mafia e dello Stato. Una vera e propria ascesa, dunque, che tuttavia, giunta al suo momento culminante, è destinata a regredire per l’eccessiva bramosia. Questa, oltre ad essere la storia di un gruppo di giovani criminali, è anche la “storia oscura” del nostro Paese: gli anni della prima repubblica, del terrorismo, di Mani Pulite. Il film di Michele Placido, tratto dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo, sembra riproporre la classica costruzione del gangster movie americano adattata però alla situazione di quegli anni in Italia. Più volte, e per vari motivi, è stato sostenuto dalla critica il confronto con "Quei bravi ragazzi" (1990) di Martin Scorsese, uno dei film più noti della storia del cinema sul tema della criminalità organizzata. In realtà gli esempi del cinema americano a cui guardare possono essere tanti. Questo perché in America più che in Europa il genere gangster ha trovato nel tempo maggiore consenso, raggiungendo così una maturità linguistica e una qualità narrativa impareggiabili; aspetti a cui ogni autore fa riferimento quasi istintivamente.
Ciò che però rende l’opera di Placido un’opera italiana a tutti gli effetti è innanzitutto l’attenzione alla resa realistica dei personaggi e degli eventi: si nota una certa cura per la delineazione psicologica dei protagonisti, la ricostruzione di un lessico appropriato e, sopratutto, la stretta aderenza ai fatti di cronaca della storia italiana nei limiti della conoscenza collettiva. Avvenimenti scottanti come la strage della stazione di Bologna, il caso Moro o l’attentato a Giovanni Paolo II entrano a far parte del film, intrecciandosi con la storia della banda, senza per questo aggiungere nulla di nuovo a quanto è ormai noto. Tutto sembra ricondurre, volendo trovare una risposta, alla figura del Grande Vecchio (Toni Bertorelli), che interpreta il ruolo di un impersonale (e già visto) manovratore. A sconvolgerci dunque non è l’illustrazione di uno dei vari grandi misteri d’Italia, ma la mediocrità e la crudeltà umana che non risparmiano nemmeno un uomo di legge come il commissario Scialoja (Stefano Accorsi), il quale finisce con l’innamorarsi della prostituta Patrizia (Anna Mouglalis), già donna del Dandi, e cedere alle tentazioni del potere.
A parte alcune eccessive sottolineature, come l’inseguimento che apre e chiude il film, e una discreta ridondanza, utile forse a raggiungere le due ore e mezza di durata, nel complesso il lavoro di Placido conferma la sua abilità nel racconto d’azione e di impegno civile. Romanzo criminale può essere considerato un buon compromesso tra i differenti livelli messi in gioco dalla storia: privata, quella dei componenti della banda e delle loro relazioni interpersonali; collettiva, le implicazioni apportate sul piano della politica nazionale; sociale, l’ascesa e la caduta di un dominio; storica, il significato a posteriori attribuito agli eventi. Ma più di ogni altra cosa va sottolineata l’occasione che il film offre a molti dei giovani attori italiani di mettere alla prova le proprie capacità artistiche con grande successo, e di allontanarsi, almeno per un po’, prendendo respiro, dalla consueta produzione italiana di questi anni, particolarmente attenta a questioni esclusivamente individualistiche.
Dunque consiglio a tutti di vedere questo film; inoltre potete visitare il sito
http://www.romanzocriminale.it/ per conoscere qualsiasi informazione a riguardo.

Fonte:
http://www.drammaturgia.it/

03 gennaio 2006

Al voto per scegliere le nuove 7 Meraviglie

Una fondazione culturale elvetica ha proposto l'iniziativa di scegliere tra 21 «mirabilia» artistiche selezionate da esperti. Il 1 gennaio 2007 l’annuncio delle sette vincitrici. Un gigantesco sondaggio globale per scegliere la nuove Sette Meraviglie del mondo. Il numero sette ha una grande valenza magica nella cultura Mediterranea e Occidentale: si va dai sette Sacramenti ai sette peccati capitali, dai sette nani della favola di Biancaneve alle Sette Meraviglie del mondo antico: le scelsero il poeta Antipatro di Sidone e il matematico Filone di Bisanzio, che avevano anche la possibilità di poterle vedere tutte, cosa possibile solo tra il 250 e il 226 a.C. Oggi restano in piedi solo le Piramidi di Giza; le altre sei Meraviglie sono tutte andate perdute. La «New 7 Wonders Foundation» propone di sceglierne altre sette, e l’iniziativa è condivisibile per una serie di motivi: innanzitutto, rispetto ai tempi di Antipatro e Filone sei delle «vecchie» Meraviglie non esistono più; inoltre, nel frattempo ne sono nate di nuove e altrettanto o maggiormente mirabolanti, e soprattutto l’Homo Occidentalis è entrato in contatto con le bellezze artistiche sparse per i cinque continenti.
Il comitato di esperti ha scelto 21 meraviglie di tutti i continenti e di svariate epoche: si va dall’Acropoli di Atene al Teatro dell’Opera di Sidney, dal Colosseo alla Torre Eiffel a Parigi, da Macchu Picchu in Perù al Cremlino a Mosca. Le Piramidi di Giza, unica Meraviglia della «vecchia classifica» ancora in piedi, sono entrate a far parte della lista delle 21 candidate selezionate, anche se secondo il voto popolare erano giunte solo al 42mo posto: potrebbero avere l’onore di essere considerate tra le Sette Meraviglie «vecchie e nuove».
Il nostro Paese, che pure, statistiche dell’Unesco alla mano, vanta il maggior patrimonio artistico a livello mondiale, esce con le ossa rotte dal duplice sondaggio, sia in quello delle 77 meraviglie scelte dalla gente (Colosseo, quarto, Torre di Pisa, settima, Palazzo Ducale di Venezia, 26mo, Basilica di San Pietro solo 61ma, al di sotto persino dello Stadio Olimpico di Monaco e della ruota panoramica London Eye), sia soprattutto in quello delle 21 scelte dagli esperti, dove vanta il solo Colosseo.
Il gruppo di «mirabilia» escluse dalle 21 selezionate per il sondaggio finale e persino dalle 77 pre-selezionate potrebbe far gridare allo scandalo: da Piazza San Marco a Venezia al Duomo di Milano, dalla Moschea Blu di Istanbul alle tombe di Abu Simbel in Egitto, dagli scavi di Pompei a quelli di Axum in Etiopia. Tra le bellezze più votate dalla gente, ma bocciate dagli esperti, si contano esclusioni eccellenti quali la Città Proibita a Pechino, la Cappella Sistina, la reggia di Versailles, il Parlamento di Westminster, le case di fango di San’a nello Yemen. E se tra le 7 Meraviglie «originali» si annoveravano due statue (quelle di Zeus a Olimpia e il Colosso di Rodi), tra le 21 selezionate dagli esperti la Statua della Libertà a New York, il Cristo Redentore di Rio de Janeiro e i Moai dell’Isola di Pasqua sono state preferite al David di Michelangelo, nemmeno entrato nel gruppo delle 77 opere più votate dalla gente.
Polemiche a parte, per il momento non ci resta che aspettare il verdetto (ed eventualmente contribuirvi) tra un anno scarso. Constatando però che centinaia di milioni di internauti cinesi e indiani potrebbero far cadere piogge di voti sui loro «rappresentanti in gara», Grande Muraglia e Taj Mahal.

01 gennaio 2006

Buon anno

Buon 2006 a tutti....salute, felicità e soprattutto tanta pace!!!